Le castagne e Plinio il Vecchio

Plinio il Vecchio è stato uno dei primi a parlare delle castagne nei suoi scritti: questo perché è proprio con l’Antica Roma che partì la diffusione del castagno.

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Abbiamo già visto come l’Antica Roma fu fondamentale per la diffusione del castagno e come la castagna fosse nota ai romani, che la utilizzavano per nutrirsi. Tra coloro che hanno scritto della castagna, pur non parlandone completamente bene, fu appunto Plinio il Vecchio. Tuttavia, a lui va un merito, quello di aver definito per la prima volta una tipizzazione di massima dei diversi tipi di castagne.

«Le tarantine – scrive – sono facili da masticare e leggere da digerire e hanno forma piatta. Più tondeggiante è la cosiddetta balanitide facilissima da mondare, si stacca spontaneamente dalla buccia senza residui. Piatta è anche la salariana, mentre la tarantina è meno flessibile, la corelliana è più pregiata e così anche la tereiana, una varietà che da essa deriva con un procedimento di cui parleremo a proposito degli innesti, la cui scorsa rossastra la fa preferire alle varietà triangolari e alle nere comuni, dette da cottura. Terra d’origine delle qualità più pregiate sono Taranto e in Campania, Napoli. Tutte le altre specie sono fatte crescere per servire da cibo ai maiali, poiché la buccia si riproduce con scrupolo anche all’interno dei frutti».

Già all’epoca si pose il problema della conservazione: secondo Plinio, il modo migliore per conservare le castagne è nella sabbia, nei vasi di terracotta o in cassoni di paglia.

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