Le castagne nel Secolo Breve

La parte più interessante della storia delle castagne riguarda il Novecento: tra alti e bassi, questo frutto è giunto fino a noi.

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Le castagne sono giunte fino a noi attraverso differenti epoche, ma durante il Novecento hanno goduto di alti e bassi. Nella prima metà del Secolo Breve, la castagna fu superstar, innanzi tutto come coltura spontanea per coloro che abitavano in montagna: essere funestati da due guerre mondiali ha giovato un grosso ruolo e le castagne consentivano un’alimentazione ragionevole in mezzo a tante privazioni.

Subito dopo il secondo dopoguerra, in Italia, la castanicoltura raggiunse dei livelli ragguardevoli: negli anni 1951 e 1952, la raccolta segnò 9,38 quintali per ogni ettaro, per un totale di 1.692.000 quintali di castagne. Il tutto nonostante un’eccessiva piovosità estiva. Non deve stupire però tutta l’attenzione per le castagne, dato che esse costituivano fino ad allora quasi la metà della produzione frutticola italiana, rappresentando un capitolo importante per economia e alimentazione delle zone di montagna.

Nella seconda metà del secolo breve, tutto cambiò: le castagne erano ritenute «difficili», per cui gran parte della popolazione delle montagne ha preferito darsi ad altre attività lavorative, come l’industria postbellica della ricostruzione. Fortunatamente, c’è ancora oggi chi i castagni li conosce, li comprende e li ama, altrimenti non potremmo più godere di frutti tanto gustosi.

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